24 aprile 2015

Nuovo amore

Si chiama Fabio.
E' originario dell'Ecuador, ma nato e vissuto in Italia.

Si tratta di un bambino meraviglioso di 6 anni, che vive a Milano con la sua mamma e i suoi fratellini.
Un bimbo vivace, tenero, intelligente e dalla grande memoria, attento e curioso.
Un bambino che, per colpa di un maledetto incidente e di una maledetta meningite, è diventato sordo a soli 18 mesi, che usa gli apparecchi acustici per sentire e ascoltare.
Il suo linguaggio non rispecchia quello di un bambino di 6 anni, quanto più quello di un bimbo di 3.
Sbaglia qualche lettera, a volte confonde il plurale con il singolare, usa parole diverse per riferirsi a qualche oggetto.

Lui è uno dei tanti bambini che si appoggiano all'Associazione Paolo Pini di Milano, che ospita bambini con disabilità più o meno gravi e che offre un po' di sollievo a loro e ai genitori tramite noi volontari.
Una volta a settimana vado a trovarlo, lo vado a prendere a scuola, lo accompagno dalla logopedista, ritorniamo a casa e poi passo il pomeriggio con lui e tutta la sua famiglia.

Il primo impatto ricordo fu un vero shock: un conto è parlare di disabilità, un conto è viverle da vicino, da dentro.
Tutto cambia, il distacco si annulla e ti sembra di ricevere un fortissimo pugno nello stomaco perché questa realtà esiste e non ha nulla a che vedere con i drammi urlati dei film, ma di un dramma vero, vissuto da gente vera che lo affronta come meglio può, appoggiandosi gli uni agli altri.

La storia di Fabio mi ha colpito da subito, così come la storia della sua famiglia e questo ha inevitabilmente rimesso in discussione la mia vita...di fronte a queste cose, è difficile tornare a casa con uno spirito leggero, mi sentivo affannata, tremante, temevo di non farcela, temevo che sarebbe stato tutto troppo, mi ripetevo "perché mi sono invischiata in questa cosa che è più grande di me?"

A distanza di due mesi sono contenta di non aver mai mollato, ma di essere sempre presente ogni mercoledì, di vedere il suo faccino, di sentire quello che ha da raccontarmi, di tenergli la mano per attraversare la strada, di non perderlo mai di vista, di essere felice quando mi chiede di leggergli le parole, le frasi e i numeri mentre attraversiamo la città con il tram.
Certo, io non compirò il miracolo, né io pretendo di essere una specie di "salvatrice", sono però contenta di essere entrata a far parte della sua vita e che lui mi abbia permesso di entrarci.

Caro Fabietto, quando sarai più grande ti farò leggere queste parole e voglio che tu sappia quanto ti voglio bene e quanto ti ringrazio di esistere, sei un bambino meraviglioso che mi ha veramente riempito il cuore e a completare il tutto, sono entrati anche la tua mamma, donna d'acciaio, e i tuoi meravigliosi fratellini.

Spero che il futuro possa solo riservarvi cose belle, piccole e grandi.